Marta corre, corre veloce. Ha la mente di una dodicenne nel corpo di una ventenne, ma corre di certo più velocemente di Chiara, in cui mente e corpo (a sentire la gente) coincidono nei suoi diciotto anni d’età. Si potrebbe pensare che i suoi compagni di squadra (quelli “normodotati”) le stiano facendo un favore ad essere lì, a giocare con lei. Ma Marta e tutta la squadra sanno benissimo che è LEI l’asso nella manica dell’allenatore.
E proprio ora, uno, due passi, un salto, sta per portare la squadra intera alla vittoria con questo canestro.
L’inclusione. L’inclusione non è solo un’opportunità, un favore fatto a chi pare inferiore, con disabilità fisiche, psichiche o entrambe. L’inclusione è un mondo che si apre, una realtà molto più ricca di ciò che si pensa.
Paralimpiadi, ad esempio, non sono solo busti sopra a strani uncini metallici che corrono lungo una pista color mattone, e ancora meno busti e braccia posti sopra a qualche ruota, a pedalare così in basso, così a rasoterra. Sono, invece, tanti, tantissimi sorrisi che si incurvano sulla bocca di persone che ce l’hanno fatta “nonostante tutto”, nonostante i limiti, limiti che hanno superato, perchè quelle persone dimostrano di avere qualcosa di grandioso, e se non lo dimostrano, se non raggiungono il podio, sono grandiose comunque.
C’è chi non trova una logica tra sport e persone diversamente abili. Chi lo sa se ai loro occhi queste persone siano un peso, un fardello a cui concedere una grazia più che un pochino di spazio, tanto quanto gli altri. Certo, come se lo sport fosse fatto sempre e solo da eccellenze, da campioni e perfezioni.
Ho visto ragazzi affetti da disabilità partecipare a gruppi di teatro, squadre di Baskin, squadre amatoriali di calcio, centri estivi o cori giovanili e tutte le volte quei ragazzi finivano per risultare indispensabili. Aggiungevano, ogni volta, un’umanità incredibile ad un gruppo altrimenti ordinario, fin troppo regolare, vuoto.
Marta, per esempio, gioca a Baskin, un nuovo sport ispirato al basket in cui ragazzi e ragazze normodotati, di qualunque livello di esperienza sportiva, si fondono con ragazzi e ragazze di ogni livello di disabilità, a formare una simbiosi perfetta, un’energia che lega tutte le differenze che i giocatori portano in campo. I giovani non ordinari sono i veri protagonisti, le vere stelle del campo. I sorrisi grandi grandi sulla bocca di Marta erano innegabili tanto quanto quelli di Chiara o Giovanni o Luca o Serena quando era lei, sì, proprio lei, a far decollare i punti della squadra.
E se anche volessimo parlare di Andrea, che è in carrozina e no, di canestro non ne becca nemmeno uno, a che vale qualche punto in più quando si ride a crepapelle assieme a lui delle sue stesse goffaggini?
E come non si prova orgoglio per un proprio compagno di squadra, senza una gamba, un braccio, con qualche cromosoma di troppo o chissà cosa, che nonostante tutto corre, oppure no, ma ci prova, ci prova immensamente? Perchè ha diritto anche lui di sentirsi partecipe, incanalato in un sistema, in uno schema di gioco che a volte funziona di più, a volte di meno, a volte porta successi, a volte sconfitte, ma porta sempre a certi legami straordinari, a certe dinamiche di squadra e di gruppo che fanno comprendere come in ogni persona ci sia, nella forza di volontà più che nella forza fisica, qualcosa di folgorante.
Nessuna logica tra sport e inclusione, dite?
Provate a chiedere ad Alex Zanardi, a Bebè Vio o a Nicole Orlando a fine gara o una volta raggiunto il traguardo se ogni loro sforzo, ogni goccia di sudore versata per quella cosa in cui credono e mettono tutto ciò di cui dispongono è priva di senso, casuale, un’eccezione.
Provate a chieder loro se non gli si riempie il cuore di immensa gioia quando si rendono conto che nonostante le loro diversità (se non proprio per ciò che li rende straordinari) non si sono arresi o piegati di fronte ai limiti che probabilmente più gli altri che loro stessi imponevano?
Sì, lo sport può essere un momento di inclusione partecipata e sì, tutto cio arricchisce, arricchisce in maniera straordinaria.
Pamela Fontana